Rule of Law: la chiave nascosta, ma visibile, della sostenibilità
Lo scorso luglio la Commissione Ue ha pubblicato il “Rule of Law Report” 2021 (“The rule of law situation in the European Union”), includendovi ovviamente – come per gli altri Stati membri – il ”Country Chapter on the rule of law situation in Italy”. Esso rispecchia luci e ombre del sistema di garanzia della legalità, nella realtà italiana e – soprattutto – nella percezione che se ne ha a livello Ue. Al di là dei contenuti di dettaglio (v. infra in sintesi) il documento impone la riflessione sul rapporto tra rule of law e sostenibilità, e, più in generale, tra obiettivi normativi di settore ed efficacia dei mezzi (giurisdizionali o di altra natura) per garantirne l’efficiente attuazione.
La tematica del “rule of law” non vede al centro dell’attenzione il piano della normazione formale ma si declina in prospettiva dinamica di attuazione effettiva di norme sostanziali di settore – anche virtuose – per evitare che restino altrimenti lettera morta. Con negativo intrinseco nella mancata attuazione delle regole. E con effetto distorcente moltiplicato dalla conseguente crisi di credibilità del sistema-paese agli occhi dei suoi interlocutori interni ed esterni, che sempre si produce quanto i due profili (idoneità normativa formale e sua concreta attuazione) divergano eccessivamente.
Il tema è basilare ma spesso negletto, dinanzi ai più attraenti sotto i profili sostanziali e politici riflessi nelle scelte normative di indirizzo nelle diverse materie sostanziali.
Un buon esempio è fornito dal Pnrr e del suo pacchetto di interventi normativi e amministrativi di promozione dell’efficienza e della concorrenza, in chiave di ripresa post pandemica e di promozione della concorrenza, interna e del Paese nello scenario internazionale. Ambizioni destinate a vita dura, in assenza di un solido presidio della legalità concreta. Obiettivo che merita oggi senz’altro sforzi senza precedenti, proprio per la duplice proiezione dell’importanza del Pnrr, a un tempo eccezionale occasione di sviluppo e fonte di future responsabilità del Paese nel contesto europeo se dette chances di matrice Ue ne saranno sprecate.
L’efficienza degli strumenti che dovranno garantirne l’attuazione non è meno importante delle norme sostanziali di riforma. Può anzi dirsi che essa lo sia maggiormente, anche visto che una migliore garanzia della legalità del sistema in passato avrebbe a priori ridotti gli impatti della crisi pandemica sullo stesso e avrebbe oggi presentato il Paese in condizioni migliori dinanzi alla non prevista sfida pandemica (anche nei suoi risvolti economici).
Preoccupano perciò le considerazioni, seppure di sintesi, del report Ue secondo le quali “The level of perceived judicial independence in Italy remains low”. Anche perché nel contesto di esso queste affermazioni non sono giustificate tanto e solo dalle recentissime e notorie vicende interne alla magistratura ordinaria. Preoccupanti, al di là delle luci e ombre che ne documento traspaiono dal censimento di una serie di misure dirette a migliorare l’efficienza del sistema di garanzia della legalità, e che culminano la constatazione che “The perception among experts and business executives is that the level of corruption in the public sector remains relatively high.”.
È interessante notare che il documento Ue ascriva al terreno di attenzione nel censimento dello stato della garanzia della rule of law tanto la storica debolezza degli strumenti di prevenzione dei conflitti di interessi, sia la permanente assenza dal nostro ordinamento di una disciplina dell’attività di lobbying, tessere di un mosaico. Al che si salda anche la valutazione che “The political independence of the Italian media remains an issue of concern in the absence of an effective law regulating conflicts of interest.”.
Si tratta di elementi in apparenza neppure strettamente pertinenti alla tematica della rule of law in senso stretto, eppure essenziali per l’indubbia efficacia rafforzativa dell’efficacia degli strumenti di garanzia del rispetto della legge in senso stretta.
Colto in termini diretti e brutali, il messaggio che viene da quadro tracciato dal documento è quello che invita a cessare di fare sì che il nostro sia un sistema-Paese cessi di essere o, meglio, in termini relativi sia sempre meno, e a tutti livelli, un sistema di “amici per gli amici”. Ovvero – anche sottolineare che non abbiamo l’esclusiva di simili rischi (ma pure a rimarcare che altrove il problema abbia connotati di minor gravità) – la necessità che la gestione di interventi come quelli del Pnrr non sia guidata dal un old boys network …
Il difetto di questa attenzione a un rispetto effettivo della legge mette a repentaglio il Pnrr i potenziali esiti virtuosi del Pnrr non meno dell’assunzione di eventuali scelte non felici rispetto ai contenuti sostanziali dei provvedimenti amministrativi attuativi di esso. La concorrenza e la competizione che vogliono essere promosse dal Pnrr non possono infatti allignare in un sistema che non tenda a un’applicazione generale e quindi prevedibile della legge, attraverso idonei meccanismi di prevenzione, correzione e sanzioni di eventuali abusi.
Il rischio minimo, altrimenti, è di perdere quella la componente dei benefici attesi dal Pnrr che vada oltre la keynesiana iniezione di risorse straordinarie nel ciclo economico, ma guardi oltre nell’intento di poggiare recuperi strutturali e permanenti di efficienza del sistema-Paese.
Roberto Invernizzi
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