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Proposta di Regolamento EuFuel Maritime: SISTEMA OPS (On-Shore Power Supply) – tempesta green all’orizzonte per l’approvvigionamento energetico delle navi in porto.

Sulla sostenibilità ambientale: dalla definizione di obiettivi programmatici alla proposta di misure concrete e settoriali. Ai più attenti agli sviluppi inerenti ai temi della sostenibilità ambientale, non sarà di certo sfuggito il recente sforzo profuso dalla Commissione europea, volto ad arricchire di ulteriori e preziosi contenuti il recente Piano d’azione europeo noto come Sustainable and Smart Mobility Strategy, il quale ambisce a spingere il settore della mobilità intra-UE a fornire il proprio contributo nella lotta al cambiamento climatico e, dunque, al conseguimento entro il 2030 ed il 2050 dei due ambiziosi obiettivi di massima sanciti nel Green Deal (rispettivamente la riduzione di almeno il 55% delle emissioni di gas inquinanti rispetto ai tempi pre-industriali ed il raggiungimento della cd. neutralità climatica del continente). Più in specifico, ci riferiamo all’adozione, il 14 luglio scorso, del cd. “Fit for 55”: delivering the EU’s 2030 Climate Target on the way to climate neutrality”[1], un pacchetto di proposte normative rivolte specificamente al settore dei trasporti via terra, mare ed aria. Constatata – tra questi ultimi – la considerevole incidenza del trasporto marittimo sulle emissioni di carbonio nell’ambiente, abbiamo ritenuto utile fornire, in questa sede, un assaggio di una delle tante misure contenute nella proposta di regolamento cd. EuFuel Maritime[2]. Si tratta, in specifico, della previsione circa l’obbligatoria predisposizione nei porti e l’utilizzo da parte delle navi attraccate – per il loro rifornimento energetico – dell’on-shore power supply, un dispositivo tanto indispensabile per la decarbonizzazione del settore in oggetto, quanto foriero di alcuni risvolti potenzialmente critici in termini di concorrenza.  

Trasporto Marittimo ed emissioni CO2. In base agli ultimi dati disponibili[3], il settore del traffico marittimo di navi, provenienti da e/o rivolte verso i porti dei Paesi membri dell’UE, occupa l’11% del totale delle emissioni di carbonio che derivano – in ambito europeo – dal settore dei trasporti considerato nel suo complesso e contribuisce al 3-4% del totale delle emissioni generate nel vecchio continente. C’è però un dato, che rischia facilmente di sfuggire all’attenzione dei più, ma che risulta altresì meritevole di una peculiare attenzione, ossia quello che concerne la quantità di emissioni prodotte dalle imbarcazioni non in movimento, bensì stazionate nei porti compresi nell’Area economica europea. Ebbene, queste ultime occupano ben il 6%[4] del totale delle emissioni CO2, una percentuale cospicua che dispiega immediati ed ingenti effetti di deterioramento della qualità dell’aria, specie nelle aree costiere e nelle città portuali.

EuFuel Maritime e O.P.S. In risposta alla criticità di tipo ambientale che emerge dall’evidenza scientifica appena menzionata, la proposta di regolamento cd. EuFuel Maritime, compresa nel paniere delle misure presentate dalla Commissione nel luglio 2021, dispone – a partire dal 1° gennaio 2030 – la messa in funzione presso le aree portuali e l’utilizzo obbligatorio (salvo talune rare eccezioni espressamente previste[5]) da parte di talune tipologie di “grandi navi” ad alta propensione inquinante, in fase di ormeggio, di un peculiare strumento di approvvigionamento, basato sulla tecnologia dell’on-shore power supply. Nello specifico, con tale espressione è da intendersi, a livello operativo, il meccanismo che consente, a mezzo di un cavo connesso ad una stazione di ricarica elettrica predisposta lungo il terminal di approdo, il completo approvvigionamento energetico dell’imbarcazione. L’obbligatorietà è prevista per le navi portacontainer e adibite al trasporto dei passeggeri, che risultano responsabili di circa 40% delle emissioni prodotte dalla totalità delle navi già in porto ed alle quali si prevede che sarà richiesto, nella di fase di loro attracco, di favorire all’autorità portuale di competenza un apposito certificato che attesti la propria idoneità a “connettersi” al tipo di rifornimento energetico oggetto della presente analisi, con la conseguente possibilità di negare l’ormeggio a navi non equipaggiate in tal senso. L’aspetto innovativo più dirompente di tal dispositivo risiede, in particolare, nella circostanza per cui lo strumento in questione garantisce, con soluzione di continuità, il regolare funzionamento di tutti i servizi presenti a bordo della nave, con ciò escludendo la necessità di procedere con l’accensione dei motori (posto che i generatori di bordo sono, di regola, insufficienti allo scopo), ad oggi a prevalente se non esclusiva alimentazione a combustibile fossile. Da ciò ne conseguirebbe, pertanto, il completo abbattimento delle emissioni inquinanti, seppur con limitato riferimento a tale specifica tappa della catena del trasporto marittimo.

Antitrust e aiuti di Stato. Se più che positivo risulterebbe il bilancio degli effetti che si dispiegherebbero sull’ambiente con l’utilizzo della tecnologia green oggetto di analisi, si teme, al contempo, che la previsione dell’obbligatoria installazione degli on-shore power suppliers possa generare inevitabili ricadute sul livello di competitività che certe realtà portuali riuscirebbero a mantenere a dispetto di altre. Difatti, seppur la normativa europea in oggetto si proponga di assumere la forma giuridica del regolamento, al precipuo scopo di garantirne un’omogenea applicazione su tutto il territorio dell’UE, cionondimeno non a tutti i porti dei 27 Paesi membri sarebbe – in concreto – richiesto il dispiegamento di un eguale sforzo economico, in termini di investimenti necessari per l’adeguamento infrastrutturale dei loro terminal. Motivi legati specialmente al differente assetto strutturale ed alla configurazione delle aree portuali, non consentono – infatti – di stabilire un costo medio atteso riferibile a tutti i porti europei, per l’investimento nell’opera in questione. Al contrario, emerge una discreta “forbice” di spesa media attesa che addirittura può variare tra 1 e 25 milioni di euro[6]. Ad ogni modo, ad alleviare in parte tale ampio divario in grado di generare distorsioni nel gioco della concorrenza, potrebbero porsi eventuali interventi di aiuto statale per le realtà portuali poste in una situazione iniziale di naturale svantaggio competitivo. Del resto a livello europeo, la Commissione nel Competition Policy Brief in Support of Europe’s Green Ambition[7] del 10 settembre scorso, ha preannunciato che i lavori, ancora in corso, di revisione delle Linee Guida sugli aiuti di stato saranno volti ad incentivare al massimo eventuali interventi di facilitazione alla transizione ecosostenibile, soprattutto nell’ambito della mobilità. Sul punto, l’Italia potrebbe, dunque, cogliere presto tale opportunità per varare, in tutta serenità, interventi di sostegno nei riguardi di determinate realtà portuali, come peraltro già annunciato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ove è presente una sezione specificamente dedicata alla configurazione green delle infrastrutture portuali in cui già si prevede un Progetto cd. “Green Ports” che si pone come obiettivo quello di “rendere le attività portuali sostenibili e compatibili con i contesti urbani portuali attraverso il finanziamento di interventi volti all’efficientamento ed alla riduzione dei consumi energetici delle strutture e delle attività portuali” [8]. In un Paese che conta circa una sessantina di porti a carattere nazionale e che può vantare importanti eccellenze, come il primato per lo Short Sea Shipping (trasporto via mare a corto raggio) nel Mediterraneo, la transizione delle attività portuali verso una sempre maggiore sostenibilità ambientale rappresenta un’incredibile opportunità, da cogliere stimolando una competitività virtuosa. 


[1] https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/delivering-european-green-deal_en.

[2]https://ec.europa.eu/info/sites/default/files/fueleu_maritime__green_european_maritime_space.pdf

[3]  Op. ult. cit., Sezione: Commission Staff Working Document Impact Assessment, pp. 16-17.

[4] Op. ult. cit., Sezione: Commission Staff Working Document Impact Assessment, p. 17.

[5] Op. ult. cit., Sezione: Annex III, p. 10.

[6] Op. ult. cit., Sezione: Commission Staff Working Document Impact Assessment, p. 64.

[7] https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/63c4944f-1698-11ec-b4fe 01aa75ed71a1/language-en/format-PDF, pp. 3-4.

[8] https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR.pdf, p. 165.

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