Concorrenza e Sostenibilità: un binomio ancora imperfetto. Alcuni spunti de iure condendo alla luce degli obiettivi del “Green Deal” europeo.
Introduzione. L’adozione del Green Deal europeo, nel dicembre 2019, ha aperto il dibattito sul ruolo che le tematiche relative alla sostenibilità ambientale dovrebbero rivestire nell’elaborazione di tutte le politiche europee. A distanza di quasi due anni dalla pubblicazione del Piano, ci si domanda se suddetta riflessione sia stata soddisfacentemente sviluppata in seno alle istituzioni europee e si sia conseguentemente tradotta in un quadro regolamentare chiaro e conforme per quanto concerne, in particolare, le politiche della concorrenza. In assenza di certezze a livello normativo in materia, facilmente potrebbe scaturirne, infatti, un incedere titubante delle realtà imprenditoriali verso gli “obiettivi green”, con il rischio di compromettere la realizzabilità stessa del summenzionato Patto. Onde evitare un simile esito, quali potrebbero ritenersi gli interventi più idonei a favorire una celere convergenza tra gli obiettivi di eco-sostenibilità e l’irrinunciabile esigenza di tutela del corretto gioco della concorrenza sul mercato?
Imprese ed incertezza del diritto. L’assenza di una spiccata sinergia tra le previsioni del diritto della concorrenza e gli obiettivi fissati dal Green Deal (decarbonizzazione, efficienza energetica, mobilità sostenibile, economia circolare, zero emissioni di gas serra inquinanti) ben può evincersi dall’ampio divario che si registra tra le ambiziose intenzioni annunciate dalle imprese in tema di eco-sostenibilità e le ancor prudenti iniziative, in concreto, poste in essere. Pur se annoverate tra i potenziali motori primari della transizione verde, le aziende risultano infatti frenate dal timore che le proprie condotte possano facilmente sconfinare in illeciti antitrust. Tale inquietudine è alimentata dall’incertezza interpretativa e dunque applicativa cui si presta la normativa, in tema di accordi di cooperazione orizzontale e di aiuti di Stato. Al fine di superare tale pregiudizievole impasse occorre pertanto conformare la disciplina antitrust alle nuove priorità fissate dalla Commissione.
Accordi di Cooperazione Orizzontale. Con riguardo agli accordi di cooperazione orizzontale, è interessante osservare, in via di generale premessa, come l’approccio particolarmente cauto delle imprese parrebbe esser testimoniato addirittura da una rivalutazione in positivo, da parte delle stesse, del sistema previgente il Reg. n. 1/2003. Quest’ultimo prevedeva il vaglio preventivo della Commissione circa la conformità delle iniziative che si intendessero intraprendere. Tuttavia, il superamento di tale istituto a favore di un sistema di autovalutazione da parte delle imprese, ha rappresentato, come noto, un’importante conquista per le autorità della concorrenza, in termini di razionalizzazione nel dispendio delle proprie risorse ed energie e, pertanto, l’ipotesi di un eventuale “ritorno al passato”, al di fuori di un contesto emergenziale quale quello della pandemia (ne quale è stato temporaneamente reintrodotto in relazione a particolari prodotti e servizi) appare alquanto azzardata. Tutt’al più, quando si tratti di accordi funzionali al raggiungimento degli obiettivi di eco-sostenibilità, l’Autorità potrebbe considerare di avvalersi con più frequenza dello strumento delle “decisioni” di cui all’art. 10 del Reg. n. 1/2003. In base a tale previsione, la Commissione di propria iniziativa può valutare, caso per caso, la conformità di determinate intese alla normativa antitrust, quando motivi di interesse pubblico lo rendano opportuno. Ciò potrebbe agevolmente applicarsi con riferimento agli accordi di sostenibilità ambientale. Considerato che questi ultimi non godono di una consolidata casistica all’interno della prassi e giurisprudenza odierna, tale metodo potrebbe favorire, in ultima istanza, lo stratificarsi di una chiara declinazione dell’art. 101 TFUE in modo conforme agli obiettivi del Green Deal, in grado perciò di orientare gli operatori del mercato al riguardo. Ancor di maggiore rassicurazione per le imprese che intendessero intraprendere iniziative ambientali in compagnia di taluni competitors, potrebbe essere la previsione di un’esenzione per categoria degli accordi funzionali alla transizione energetica oppure la semplice revisione in tal senso delle Linee Guida sulla Cooperazione Orizzontale e sull’applicazione dell’art. 101.3 TFUE. Pur trattandosi questi ultimi di strumenti di soft law, l’occasione potrebbe rivelarsi, infatti, utile per tracciare un percorso meglio definito lungo il quale le autorità potrebbero muoversi, con ciò fornendo al contempo un importante “manuale delle istruzioni” per le imprese che, nel perseguire la propria strategia verde, ritenessero più efficiente cooperare con altri players del mercato. In particolare, in sede di revisione delle Linee Guida sulla Cooperazione Orizzontale, sarebbe utile fornire, tramite alcuni esempi, una visione generale dei contesti in cui gli accordi tra imprese che contribuiscano alla strategia verde europea non violano la normativa antitrust. Al riguardo, potrebbero citarsi gli accordi il cui impatto negativo sui prezzi o sulla scelta del consumatore risultino, nel complesso, trascurabili se comparati ai cospicui benefici che potrebbero conseguirne quanto ad es. alla sostituzione di determinati prodotti inquinanti con alternative più ecosostenibili. In via analoga, si potrebbero includere le iniziative di cooperazione che impongano una necessaria condivisione di risorse e competenze tra più imprese, ai fini dello sviluppo di nuove tecnologie e prodotti ecosostenibili altrimenti difficilmente realizzabili. Con riferimento, invece, alle Linee Guida sull’applicazione dell’art. 101.3 TFUE, si dovrebbe specificare il modus interpretandi delle prime due condizioni esimenti. Con riguardo al primo requisito, che richiede il prodursi di un progresso economico dall’accordo, sfuggono infatti le eventuali modalità di misurazione, in termini quantitativi, di un beneficio di tipo ambientale, che sarebbe opportuno invece specificare. Con riferimento poi alla seconda condizione, che prescrive un’equa distribuzione dei benefici dell’accordo tra i consumatori che ne siano stati colpiti negativamente, ci si interroga se questa possa essere soddisfatta prendendo in considerazione anche gli effetti positivi dispiegatisi sulla società nel suo insieme. In tal senso paiono indirizzarsi le Linee Guida sull’ “Accordo Ambientale”1 proposte dall’Autorità Olandese nel luglio 2020, che prevedono che nell’ipotesi in cui un accordo contribuisca al raggiungimento di un obiettivo pubblico nazionale o internazionale (anche di tipo ambientale), si possa tener conto in misura preponderante dei benefici green prodotti nei riguardi dell’intera società. Si osserva come queste ultime siano state accolte con il plauso di tutti gli stati membri dell’UE, motivo per cui in un futuro prossimo potremmo attenderci di vederle assunte a modello, a livello europeo.
Aiuti di Stato. Con riferimento agli aiuti di stato, nell’ottica di consentire maggiore celerità d’intervento, sarebbe opportuno garantire una procedura semplificata per quanto concerne i progetti in linea con il Green Deal europeo. Sul punto, il Regolamento Generale di Esenzione per Categoria2 già prevede – tra le classi di sostegni statali che vanno esenti dalla procedura standard di previa notifica alla Commissione (che comporta l’attivazione di un dispendioso, in termini temporali, esame preliminare, prima di poter conseguire la necessaria autorizzazione) – gli “aiuti per la tutela dell’ambiente”. Suddetta categoria potrebbe essere estesa sino a comprendervi quei settori d’attività e progetti al momento non previsti ma che, tuttavia, risultano indispensabili nell’ottica dell’implementazione delle priorità ambientali previste nel Green Deal. Si pensi ad es. ai progetti nel campo della mobilità elettrica o dell’idrogeno verde, che in assenza di rapidi ed ingenti investimenti pubblici, difficilmente sarebbero realizzabili. Inoltre, si potrebbe procedere ad una revisione delle Linee Guida sugli Aiuti di Stato per la Protezione Ambientale e l’Energia3 per meglio definire le circostanze in base alle quali i finanziamenti mirati agli obiettivi di transizione ecologica non ricadano nel divieto in oggetto. Sarebbe, infine, auspicabile istituire un “bonus verde”, in grado di premiare con un’intensità di aiuti ancora più rilevante, quelle imprese impegnate in progetti fortemente legati alla transizione verde.
Conclusioni: Alla luce delle suesposte considerazioni, un tempestivo intervento nelle aree indicate appare oggi quanto mai richiesto. Ciò vale tanto più se si considera che le ingenti risorse che verranno messe in campo tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (nel quadro del Next Generation EU) richiederanno oltre che efficacia e rapidità della pubblica amministrazione nella loro erogazione, anche una peculiare audacia e prontezza d’intervento da parte delle imprese nel destinarle alle aree d’interesse, eco-sostenibilità in primis. Non possiamo, pertanto, correre il rischio che tale irripetibile occasione di slancio verso la transizione verde dell’economia, non venga colta a pieno per ragioni dettate da una mancata “messa a punto green” delle normative antitrust oggetto di approfondimento.
1 Draft guidelines ‘Sustainability Agreements’, Dutch Authority for Consumers and Markets, 9 luglio 2020,https://www.acm.nl/sites/default/files/documents/2020-07/sustainability-agreements%5B1%5D.pdf.
2 Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato, Testo rilevante ai fini del SEE, GU L 187 del 26.6.2014, pagg. 1–78, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=celex%3A32014R0651.
3 Comunicazione della Commissione – Disciplina in materia di aiuti di Stato a favore dell’ambiente e dell’energia 2014-2020, GU C 200 del 28.6.2014, pagg. 1–55, https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX%3A52014XC0628%2801%29.